IL SINTOMO DELLA PAURA É LA MIA TANA
Questa sì che è bella.
Quindi volete davvero dirmi che
quando ho paura sostituisco il pensiero lucido con il sintomo dell’ansia?
Wow, non pensavo che il cervello
umano potesse arrivare a tanto e io che cercavo qualcuno al di fuori da poter
colpevolizzare per il mio malessere. Invece mi trovo a ragionare su concetti
così semplici, nella loro struttura, da dovermi ricredere su tante leggende, le
mie leggende, quelle che mi sono sempre raccontata.
Quelle dove quasi sempre io sono
la vittima, dove tutti vogliono farmi del male e magari qualcuno lo ha anche
fatto, ma sono davvero tutti contro di me? Non credo. Pensano tutti che io non
sia in grado di fare la mamma, l’adulto, l’amica etc? Non credo. Sparlano di me
alle mie spalle, pronti a tendermi un agguato? Non credo.
Sapete cosa credo invece, che
sono io che faccio tutte quelle cose, parte tutto da me, penso troppo e a volte
male. Ho innescato questo meccanismo per proteggermi, per autocommiserarmi, per
poter dire: “Non ho tempo per reagire, devo piangere!”
È così? È davvero questo quello
che ho fatto?
Sì.
Colpevole.
Posso fare qualcosa per uscire da
questa tana?
Sì.
Le tane non mi piacciono, l’idea
di essere rannicchiata al buio, con le orecchie coperte dalle mie stesse mani e
il pensiero lucido messo in STAND BY perché devo perdere tempo a respirare e a
calmarmi, NON MI PIACE PROPRIO PER NIENTE! C’è un mondo fuori da questa
maledetta tana, voglio viverlo, voglio scoprire cosa c’è di bello là fuori e
voglio contribuire a renderlo migliore, ma c’è un problema, devo uscire dalla
tana.
Anche se non mi piace spesso ci
torno, ormai è un’abitudine, la mia abitudine, anche le abitudini mi mettono
ansia ora che ci penso, quindi potrebbe essere un motivo in più per uscire e
vedere cosa mi propone il mondo.
Ragiona, ragiona, ragiona……
Perché chiamo il sintomo
dell’ansia?
Perché così non penso ad
ipotetiche soluzioni che potrebbero cambiarmi la vita, e il cambiamento fa
paura, ma il sintomo ancora di più. Devo scegliere. Devo farlo per uscire dalla
tana. Devo farmi delle domande scomode alle quali non voglio rispondere, ma
devo farlo ugualmente. Prenderò un foglio e scriverò quelle domande e poi allenerò
il mio cervello a concentrarsi sulle risposte, a vedere per lo meno
un’ipotetica soluzione e ad allontanare quel sintomo che mi porta nella tana.
Ma poi a cosa mi serve in positivo il sintomo? A farmi perdere il controllo
della respirazione, a paralizzare la mia mente, a farmi accelerare i battiti
cardiaci credendo quasi in un infarto. Ecco a cosa mi serve. A perdere tempo.
Ma la vita è una e io non voglio perdere tempo a far passare il sintomo.
Questa tana inizia a starmi
stretta!
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