L'ulisse che è in noi.
Un omaggio a chi ama viaggiare….anche solo con la mente.
Tornando con la mente al mio passato scolastico non riesco a far
riaffiorare molti ricordi sulla storia di Ulisse, forse perché il mio
professore (non me ne voglia), non è stato poi così brillante nel trasmettermi
le avventure di questo straordinario personaggio e spesso insieme ai miei
compagni di classe, ci siamo trovati con la bolla al naso ancora prima della
fine dell’ora.
Oppure, più semplicemente, all’epoca non ero interessata alla
materia. Chi lo sa.
Una cosa però la ricordo bene, ed è l’immagine di Ulisse sulla prua della
sua nave, in una pellicola degli anni sessanta. Mio padre adora i film storici
e li ha sempre visti e rivisti ogni volta che ce n’è stata l’occasione,
spiegandoci la storia come un vero cronista sportivo. Nei suoi occhi c’era
talmente tanta stima per questo eroe che non potevo certo esimermi
dall’ascoltarlo.
Quello che so lo devo a lui e a quelle immagini con effetti speciali
discutibili.
Ero solo una bambina, quindi non potevo capire il “profondo” di quelle
peripezie, ma c’era qualcosa che mi incuriosiva di quel personaggio, ora lo so,
era il coraggio di buttarsi verso l’ignoto, l’assenza di paura e la volontà di
attingere forza dalla propria essenza.
L’attore che interpretava Ulisse, guardava con fierezza l’orizzonte
mentre navigava verso Itaca, ricordo che poggiava il piede destro sul bordo della sua nave, sporgendosi
verso l’infinito, mentre la gamba sinistra era tesa e ben salda al pavimento. Sembrava quasi dovesse cadere in mare da come
era proiettato in avanti, ma ovviamente questa era solo una mia paura, lui
sapeva che non sarebbe mai accaduto, non ad Ulisse.
Quell’immagine mi è rimasta impressa come una bella cartolina, mi dava
l’impressione che il protagonista non riuscisse a stare fermo nello stesso
punto per molto tempo e quel piede poggiato in avanti era il suo scatto pronto
a partire, qualora ne avesse sentito il bisogno.
Forse questa cosa mi incuriosiva così
tanto perché mi sono sempre sentita come lui, con un piede dentro e uno
fuori……alla ricerca di qualcosa di indefinito, alla scoperta di nuovi scenari,
pronta a scappare da ciò che in qualche modo possa limitare la mia libertà.
A volte mi sembra di essere dentro una bolla, ovattata dai miei pensieri,
volo sopra il mondo…volo sopra il reale. E’ la mia bolla, solo mia, con lei riesco a
circumnavigare la mia anima, ne ho un disperato bisogno. Lì cerco me stessa,
lontano da tutto, lontano da tutti….
E’ questo il mio viaggio verso la scoperta, il più difficile, quello che
porta ogni essere umano a guardare “oltre”, quell’orizzonte da puntare che
sembra non arrivare mai.
“L’importante è non fermarsi” direbbe Ulisse,
continuare a viaggiare, fisicamente e mentalmente, perché così si possono
aprire nuove possibilità, ci si può confrontare con diverse persone. Perché se
non sfidiamo le nostre giornate con occhi fieri, come ha fatto il nostro eroe,
non possiamo sapere cosa ha in serbo per noi il destino.
Già, non fermarsi…. Neanche un’isola paradisiaca insieme a Calipso hanno
potuto calmare l’inquietudine del re di Itaca, evidentemente non gli bastava……una
vita troppo calma, troppo accomodante, troppo tutto. Del resto, si era stancato
di lei già da un pezzo e non potendo andarsene cadde in una profonda
depressione. Fortunatamente la sua
grande luce interiore lo portò a non accettare il dono dell’immortalità, una
mossa che gli salvò la vita.
Come avrebbe potuto pensare, anche solo per un secondo, di passare
un’eternità in un luogo in cui non si sentiva più vivo? Avrebbe vissuto come un
corpo senza un’anima.
A volte penso che Ulisse abbia attirato a sé questo viaggio tortuoso
perché al contrario si sarebbe annoiato e un guerriero come lui non se lo poteva permettere, perché la
noia se non la trasformi in qualcosa di buono, ti uccide.
Non a caso arriva a Itaca dopo tanto tempo, più saggio, più ricco dentro
e con tante avventure da raccontare, le stesse che lo avrebbero fatto vibrare
nuovamente ogni qual volta ne avesse avuto voglia. Perché il ricordo di una
vita piena, una vita vissuta e un traguardo raggiunto può solo accrescere una
profonda sensazione di gratitudine verso se stessi, verso gli altri e verso
l’intero universo.
Cos’altro avrebbe potuto chiedere dalla vita? Magari una donna che da dieci
anni tesse una tela, aspettando fedele il rientro del proprio amato….Su questo
avrei qualcosa da ridire … In fondo il piacere della scoperta non dovrebbe riguardare tutti?
Ma questo è solo un mio umile pensiero e di tele per fortuna non se ne
tessono più.
Marilena
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